La Psicologia del Verde: Cosa Rivela il Tuo Amore per le Piante di Casa

Mauro Toffetti
CEO & Co-Founder GreenTime
pubblicato il
21 Maggio 2025
pubblicato il 
21 Maggio 2025
Piante di Casa

Negli ultimi anni, l’interesse verso l’inserimento di piante negli ambienti domestici è aumentato notevolmente in Europa e in Italia. Non si tratta solo di abbellire la casa: si riconosce sempre di più che il verde indoor offre benefici tangibili al benessere psicologico di chi lo abita. Diversi studi recenti hanno infatti collegato la presenza di piante in casa a effetti positivi sull’umore, la riduzione dello stress e addirittura allo sviluppo di tratti psicologici positivi come maggiore empatia, sensibilità verso gli esseri viventi, inclinazione all’accudimento e un generale senso di benessere. In questa analisi, esploreremo il legame tra le piante domestiche e questi aspetti psicologici positivi, facendo riferimento al concetto di biofilia (secondo il modello di E.O. Wilson e le elaborazioni europee più recenti), ai meccanismi psicologici implicati (come la connessione emozionale, la cura e il senso di responsabilità) e proveremo a trarre conclusioni sul significato psicologico di abitare spazi verdi.

Biofilia: il legame innato con la natura

Il termine biofilia fu introdotto dal biologo Edward O. Wilson per descrivere la tendenza innata dell’essere umano a concentrarsi su forme di vita naturali e a stabilire un legame emotivo con esse. Secondo Wilson, gli esseri umani sono naturalmente predisposti a cercare il contatto con la natura e a trarne beneficio, al punto che questo desiderio non è un semplice capriccio estetico, ma una vera necessità psicologica e fisiologica. In altri termini, abbiamo bisogno del verde per stare bene.

Le piante in casa rappresentano una manifestazione quotidiana di biofilia: portano frammenti di natura nel nostro habitat artificiale. In contesti urbani moderni, caratterizzati da ambienti spesso privi di elementi naturali, il verde domestico funge da antidoto allo stress e alla fatica mentale. La presenza di vegetazione tra le mura domestiche ci riconnette al mondo naturale dal quale evolutivamente proveniamo, contribuendo a riequilibrare il nostro stato psicofisico. Non a caso la psicologia ambientale europea ha abbracciato il concetto di biofilia, integrandolo in strategie di design urbano e architettonico: il biophilic design prevede l’introduzione intenzionale di elementi naturali (piante, luce naturale, materiali organici) negli spazi costruiti per favorire connessione con la natura e migliorare salute e umore. Un esempio emblematico è il Bosco Verticale di Milano, progetto che integra oltre 800 alberi e 20.000 piante in due torri residenziali, dimostrando come le città europee stiano adottando la biofilia per migliorare l’esperienza abitativa e il benessere dei cittadini. La biofilia, dunque, fornisce il quadro teorico per comprendere perché vivere circondati dal verde sia così significativo per la psiche umana (Wilson, 1984).

Benefici psicologici delle piante domestiche sul benessere

Numerosi studi scientifici confermano che la presenza di piante all’interno degli spazi abitativi produce molteplici benefici psicologici. Uno dei più documentati è la riduzione dello stress: ambienti arricchiti con piante inducono sensazioni di calma e contribuiscono ad abbassare i livelli di cortisolo (l’ormone dello stress) nell’organismo. Ad esempio, uno studio giapponese condotto all’Università di Hyogo ha mostrato che bastano pochi minuti di interazione visiva con una pianta per ottenere effetti misurabili: una pausa di 3 minuti osservando una pianta sulla scrivania è in grado di ridurre significativamente la frequenza cardiaca e l’ansia percepita, favorendo un miglioramento immediato dell’umore. In quello studio, i lavoratori d’ufficio che avevano una piccola pianta sul proprio tavolo di lavoro hanno sperimentato un calo dell’ansia post-intervento rispetto al periodo senza piante, a conferma del potere rilassante anche di un semplice vaso di verde. Analogamente, ricerche condotte in contesti domestici e lavorativi mostrano che gli spazi con piante sono percepiti come più confortevoli e suscitano emozioni più positive (sentimenti di cordialità, gentilezza, serenità) rispetto a spazi privi di elementi naturali. Le piante agiscono come “stabilizzatori emotivi”, contribuendo a ridurre gli stati d’ansia e a migliorare il tono dell’umore generale.

Oltre allo stress, il verde indoor incide positivamente su altre dimensioni del benessere psicologico. Ad esempio, l’esposizione quotidiana al colore verde delle piante è associata a effetti calmanti: il verde richiama istintivamente immagini di crescita e natura, generando un’atmosfera di tranquillità e sicurezza. Alcuni studi suggeriscono anche che la presenza di piante possa migliorare aspetti cognitivi come la concentrazione e la creatività. L’interazione con piante d’appartamento, infatti, può aumentare l’attenzione senza sovraccaricare di stimoli (a differenza dei dispositivi elettronici), favorendo uno stato mentale ricettivo e riposato. Un ambiente ricco di piante stimola positivamente i nostri processi attentivi e può contribuire a mitigare l’affaticamento mentale.

Ancora, prendersi cura di piante ed osservare il loro ciclo vitale può avere effetti Mindfulness: dedicare tempo al giardinaggio domestico richiede di focalizzarsi sul presente e sulle esigenze immediate della pianta, distogliendo la mente dalle preoccupazioni quotidiane. Questa qualità meditativa è stata collegata a migliori livelli di benessere mentale. In uno studio internazionale, le persone che si identificano come “coltivatori di piante domestiche” (houseplant carers) hanno riportato livelli significativamente più alti di benessere psicologico rispetto a chi non possiede piante; inoltre dedicare più ore settimanali alla cura del verde, avere più esemplari e coltivarli da lungo tempo risultava associato a maggior soddisfazione mentale e a tratti di personalità più mindful, ovvero più attenti e consapevoli. Questi risultati suggeriscono che il semplice atto di avere cura di una pianta può tradursi in una pratica di auto-cura per la mente, con effetti protettivi contro stress e umore negativo (Ma, 2022). D’altronde, durante i periodi difficili come il lockdown dovuto alla pandemia COVID-19, molti hanno sperimentato il giardinaggio come valvola di sfogo: uno studio condotto in Italia nel 2020 ha rilevato che dedicarsi ad attività di giardinaggio a casa durante il confinamento era associato a minore disagio psicologico, agendo come fattore di protezione in un contesto di forte stress collettivo. In sintesi, le evidenze convergono nell’indicare che abitare ambienti arricchiti di piante apporta benefici psico-fisiologici misurabili, migliorando la qualità della vita quotidiana (Toyoda et al., 2020; Theodorou et al., 2021).

Empatia e sensibilità coltivate dal verde indoor

Un aspetto particolarmente interessante indagato recentemente è la relazione tra il verde indoor e i tratti di personalità prosociali come l’empatia e la sensibilità verso altri esseri viventi. Circondarsi di piante in casa, secondo alcuni studiosi, non è solo indice di gusto estetico ma spesso riflette una profonda sensibilità verso la natura e un forte desiderio di connessione con il mondo vivente. In effetti, ricerche sulla connessione con la natura (nature connectedness) – concetto vicino alla biofilia – mostrano che gli individui che si sentono intimamente connessi alla natura tendono anche ad essere più empatici e meno inclini a tratti di insensibilità o mancanza di compassione. In uno studio pubblicato in Ecopsychology, Fido e Richardson (2019) hanno rilevato che il grado di connessione emotiva alla natura correlava positivamente con l’empatia cognitiva e affettiva (la capacità di capire e condividere le emozioni altrui) e inversamente con tratti di indifferenza e insensibilità. Ciò suggerisce che coltivare un legame con elementi naturali – come appunto le piante di casa – può andare di pari passo con la coltivazione della compassione e della gentilezza nella personalità di un individuo (Fido & Richardson, 2019).

Evidenze più dirette provengono da osservazioni psicologiche su chi possiede molte piante. Studi recenti condotti da diversi studiosi in Europa segnalano che riempire la propria casa di vegetazione si associa a tratti caratteriali particolarmente empatici e affettuosi. In altre parole, le persone amanti del verde indoor spesso mostrano maggiore capacità di prendersi cura degli altri e sensibilità emotiva. Questo può derivare dal fatto che tali individui hanno un’attenzione spiccata per la vita in tutte le sue forme e provano gratificazione nel far star bene un essere vivente, fosse anche una semplice piantina. La presenza di numerose piante può dunque fungere da “specchio” delle inclinazioni empatiche di chi le coltiva. Inoltre, il contatto regolare con le piante pare stimolare anche l’empatia verso la natura stessa: osservare la crescita di un organismo vegetale, accorgersi dei suoi segnali (foglie appassite, terreno secco, nuove gemme), porta a riconoscere la vitalità e la vulnerabilità di forme di vita differenti da noi, sviluppando quella che alcuni autori chiamano “empatia ecologica” – una capacità di sentire come significativa la sofferenza o il benessere del mondo non umano. Questa sensibilità ecologica spesso si estende ad atteggiamenti più responsabili verso l’ambiente (come scelte alimentari sostenibili o comportamenti eco-friendly), suggerendo un circuito virtuoso: più ci connettiamo emotivamente al nostro piccolo mondo verde domestico, più allarghiamo il nostro cerchio di empatia al mondo naturale in senso ampio.

Da non trascurare è anche l’effetto sulle relazioni interpersonali umane. Le qualità nutrite attraverso la cura delle piante – pazienza, delicatezza, ascolto silenzioso dei bisogni – possono riflettersi positivamente nelle interazioni sociali. Chi esercita quotidianamente empatia e attenzione verso le proprie piante tende a portare queste stesse qualità nelle relazioni con familiari, amici e persino con sconosciuti. In tal senso, il verde indoor agisce come una piccola “palestra” di empatia: impariamo ad accorgerci di segnali non verbali (una pianta che “dice” di aver sete attraverso foglie afflosciate), a rispondere con cura, a tollerare i ritmi lenti della natura. Tutte competenze emotive che risultano preziose anche nel rapportarsi con altre persone. Non sorprende quindi che gli “plant lovers” siano spesso descritti come individui calorosi, accoglienti e capaci di creare attorno a sé un clima emotivo positivo.

Accudimento delle piante: cura, responsabilità e mindfulness

Prendersi cura di piante domestiche non è un’attività passiva: implica un vero e proprio comportamento di accudimento che coinvolge responsabilità, ritualità e investimento emotivo. Ogni pianta in casa dipende in larga misura dalle attenzioni di chi la accoglie – va annaffiata regolarmente, nutrita, posizionata alla luce appropriata, potata se necessario. Questo prendersi cura conferisce alla persona un senso di responsabilità verso un essere vivente, seppur vegetale. Diversi psicologi sottolineano come dedicarsi quotidianamente alla cura di una pianta costituisca un importante esercizio di responsabilizzazione e di altruismo quotidiano: il benessere della pianta dipende dalle nostre azioni, e questo ci porta a sviluppare attenzione costante e impegno nel tempo. Tale senso di responsabilità può avere ricadute positive sul piano psicologico, ad esempio aumentando l’autostima (“la mia orchidea sta fiorendo grazie alle mie cure”) e dando una struttura alla routine giornaliera, elementi spesso indicati come fattori protettivi della salute mentale.

L’atto di curare le piante ha anche una dimensione emozionale e affettiva. Molte persone sviluppano un legame affettivo con le proprie piante, arrivando a considerarle quasi come membri della famiglia o compagni silenziosi della vita quotidiana. In uno studio recente condotto su proprietari di piante indoor, una percentuale non trascurabile di partecipanti ha dichiarato di provare ansia se la pianta si ammala e di provare autentico dispiacere alla morte di una pianta, come fosse una piccola perdita personale. Questo indica che l’accudimento genera un attaccamento emotivo: ci si preoccupa per la “salute” della pianta, si gioisce per una nuova foglia spuntata, si soffre se la pianta non sta bene. A livello psicologico, ciò allena la nostra capacità di connetterci emotivamente e di esprimere cura e tenerezza, qualità che alimentano il nostro lato più umano e relazionale.

Un ulteriore meccanismo implicato è la già menzionata Mindfulness: la cura delle piante invita a rallentare e focalizzarsi sul momento presente. Mentre si rimuovono foglie secche o si bagna il terriccio, l’attenzione è rivolta totalmente a quel gesto e a quel piccolo ecosistema in miniatura. Questo aiuta a sospendere momentaneamente i pensieri stressanti, offrendo attimi di tregua alla mente. Gli studiosi descrivono questa pratica come una forma di meditazione attiva: “un gesto semplice ma significativo che aiuta a ritagliarsi momenti di pausa e riflessione, favorendo un equilibrio emotivo” nella vita frenetica moderna. Non a caso, l’ortoterapia (terapia tramite il giardinaggio) utilizza proprio l’accudimento di piante per ridurre ansia e depressione in vari contesti clinici, sfruttando il potere calmante e strutturante del prendersi cura del verde.

Possiamo quindi dire che l’accudimento delle piante in casa svolge una funzione duplice: da un lato nutre la pianta, dall’altro nutre chi se ne prende cura. Attraverso la responsabilità, il legame affettivo e la pratica Mindfulness, la persona coltiva competenze emotive e di coping (adattamento) che contribuiscono al suo benessere psicologico complessivo. Si sviluppa una sorta di reciprocità silenziosa: noi diamo alle piante acqua e attenzione, e le piante ricambiano donandoci calma, soddisfazione e senso di scopo.

Significato psicologico dell’abitare spazi verdi

Alla luce di quanto emerso, risulta evidente che abitare spazi verdi ha un profondo significato psicologico. Introdurre piante nella propria abitazione non significa solo decorare lo spazio, ma equivale a soddisfare un bisogno innato di connessione con la natura – quel bisogno che la teoria della biofilia identifica come parte essenziale della psiche umana. Vivere circondati dal verde domestico offre infatti un rifugio emotivo: la casa arricchita di piante diventa un luogo dove ci si sente protetti dallo stress della quotidianità, una sorta di “refugium” inconscio che trasmette stabilità e serenità. In questo rifugio verde possiamo ritrovare noi stessi nei momenti difficili, ricaricare le energie mentali e recuperare l’equilibrio emotivo quando il mondo esterno ci sovrasta.

Inoltre, abitare spazi verdi plasma positivamente la nostra identità. Prendersi cura di piante in casa può diventare parte di chi siamo e di come ci vediamo: c’è chi si definisce con orgoglio “plant parent” (genitore di piante) proprio ad indicare che il ruolo di curatore del verde è integrato nel proprio senso del sé. Questo ruolo identitario va di pari passo con valori prosociali ed ecologici: significa riconoscersi come individui empatici, capaci di cura, e spesso anche come cittadini ecologicamente responsabili. Una ricerca europea ha ipotizzato che coltivare piante in ambiente urbano possa essere anche un modo per esprimere la propria “identità di cittadinanza ecologica”, ovvero il sentirsi parte attiva nella tutela della natura anche vivendo in città. L’insieme dei vantaggi personali derivanti dal verde indoor – dal piacere estetico al benessere fisico e psicologico – crea infatti un legame affettivo con le piante, che motiva le persone a rispettare maggiormente l’ambiente e a fare scelte di vita sostenibili. In tal modo, il microcosmo verde di casa si collega a macro-tematiche come la sensibilità ecologica e il senso di appartenenza alla comunità naturale.

Infine, la presenza di piante negli spazi abitativi ricorda quotidianamente all’uomo moderno la propria interdipendenza con la natura. Ogni foglia che cresce, ogni fiore che sboccia nel salotto o sul balcone, ci insegna la lezione della pazienza e della meraviglia per i processi vitali. Abitare uno spazio verde significa abitare una relazione – quella tra noi e gli altri esseri viventi non umani. Psicologicamente, ciò arricchisce la nostra vita di significato e connessione: ci sentiamo parte di qualcosa di più grande, in sintonia con i ritmi naturali nonostante la vita urbana. Questo senso di connessione trascendente ha effetti positivi sul benessere esistenziale, contribuendo a dare un senso di scopo e appartenenza che contrasta l’alienazione spesso presente nelle città grigie prive di natura.

Tirando le somme

In conclusione, la letteratura scientifica recente conferma che portare le piante dentro casa non è soltanto un vezzo decorativo, ma risponde a un bisogno profondo dell’animo umano e genera una cascata di effetti benefici. Alla luce del concetto di biofilia, possiamo interpretare l’amore per le piante come un’estensione naturale della propensione dell’uomo a interagire con altre forme di vita. Tale interazione quotidiana col verde domestico migliora il benessere psicologico riducendo stress e ansia, e al tempo stesso coltiva virtù come l’empatia, la sensibilità e la capacità di accudimento. I meccanismi psicologici alla base di questi effetti includono la connessione emozionale (il sentirsi legati e affezionati a un altro essere vivente), il senso di responsabilità verso la cura, e l’esperienza Mindfulness del prendersi cura che ancora il individuo al presente. Abitare spazi verdi, significa abitare spazi di cura e di significato; spazi in cui la persona può rigenerarsi, esprimere il proprio istinto di nutrire la vita e trovare un equilibrio emotivo. In un mondo sempre più tecnologico e veloce, le piante ci riportano con i piedi per terra – letteralmente e metaforicamente – ricordandoci che il benessere e la felicità dell’uomo sono inscindibilmente legati al suo rapporto armonioso con la natura. Le case verdi, dunque, non sono solo ambienti piacevoli alla vista, ma veri e propri ecosistemi di benessere psicologico in miniatura, nei quali l’uomo riscopre se stesso attraverso la cura dell’altro, anche quando l’“altro” ha foglie e radici invece che voce.

Dedicato a mia moglie Alessandra.

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Bibliografia

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