Uno dei miei ambiti di studio e interesse è la Psicologia Ambientale. Lavoro professionalmente per promuovere una Transizione Ecologica Gentile, che non costringa l’individuo in una contrapposizione ideologica verso un cambiamento difficile da comprendere, ma che, attraverso un dialogo rispettoso, lo guidi consapevolmente ad adottare comportamenti a favore dell’ambiente e della collettività. In questo articolo ho cercato di evidenziare, partendo da una ricca letteratura, come la negazione dei cambiamenti climatici e l’ecoansia siano correlate e, al contempo, siano causa ed effetto reciproci, modulando quello che potrebbe apparire come uno dei paradossi del cambiamento climatico.
La percezione del rischio
La percezione del rischio legato al cambiamento climatico e il processo decisionale sono fortemente influenzati da varie euristiche e bias cognitivi. Le euristiche sono scorciatoie mentali che le persone utilizzano per semplificare il processo decisionale, mentre i bias cognitivi sono deviazioni sistematiche dalla logica e dalla razionalità.
Un aspetto chiave è che le emozioni spesso prevalgono sulla logica nella valutazione dei rischi climatici per gli esseri umani. Ad esempio, la paura di eventi climatici estremi, come uragani o inondazioni, può portare le persone a sopravvalutare la probabilità e la gravità di tali eventi. D’altro canto, quando si tratta di rischi legati alla fauna selvatica, la comprensione scientifica e le conoscenze basate sui dati diventano più importanti, suggerendo che il contesto del rischio influisce su come le persone valutano e reagiscono ai pericoli climatici (Stevenson et al., 2015).
I decisori spesso si affidano a euristiche disponibili, che sono basate su ricordi e esperienze passate. Questo può portare a bias sistematici, come la tendenza a sovrastimare la probabilità di eventi recenti o emotivamente rilevanti. Ad esempio, se un agricoltore ha recentemente sperimentato una siccità devastante, potrebbe sovrastimare la probabilità di future siccità, influenzando così le sue decisioni agronomiche (Marx & Weber, 2012).
Nonostante l’importanza di questi bias, molti studi sul processo decisionale agronomico nei paesi in via di sviluppo assumono che gli agricoltori si comportino in modo razionale, massimizzando l’utilità. Tuttavia, questa assunzione spesso ignora la realtà che molte decisioni sono prese utilizzando euristiche semplici, specialmente in contesti di alta incertezza. Questo può portare a una comprensione distorta delle pratiche decisionali reali degli agricoltori (Waldman et al., 2020).
Le illusioni cognitive e i bias, come le difficoltà nel stimare probabilità e gestire l’incertezza, rappresentano significativi ostacoli all’uso efficace delle previsioni climatiche. Ad esempio, le persone potrebbero avere difficoltà a comprendere le probabilità associate ai cambiamenti climatici e, di conseguenza, potrebbero non utilizzare correttamente le previsioni climatiche nelle loro decisioni (Nicholls, 1999).
Comprendere questi fattori psicologici è cruciale per progettare una comunicazione del rischio climatico efficace e creare ambienti decisionali che tengano conto di tali bias. Una comunicazione del rischio ben progettata può aiutare a ridurre l’impatto dei bias cognitivi, migliorando così la capacità delle persone di prendere decisioni informate. Inoltre, comprendere come le persone prendono decisioni in contesti di incertezza può migliorare la nostra capacità di prevedere e spiegare le decisioni legate al clima, contribuendo a politiche e interventi più efficaci (Marx & Weber, 2012; Nicholls, 1999; Waldman et al., 2020).
Nonostante la crescente consapevolezza del cambiamento climatico, molti individui non riescono a impegnarsi in comportamenti eco-sostenibili a causa di varie barriere psicologiche. Queste barriere includono una limitata comprensione del problema, visioni del mondo ideologiche, confronti sociali e rischi percepiti del cambiamento (Gifford, 2011).
Una limitata comprensione del problema può derivare da una mancanza di conoscenza scientifica o dall’incapacità di comprendere la complessità e la gravità del cambiamento climatico. Questo può portare le persone a sottovalutare i rischi associati e a non vedere la necessità di adottare comportamenti sostenibili.
Le visioni del mondo ideologiche giocano un ruolo significativo nelle percezioni e nelle reazioni al cambiamento climatico. Le persone con ideologie politiche più conservatrici tendono a negare o minimizzare il cambiamento climatico, mentre quelle con ideologie progressiste sono più propense ad accettarne la realtà e la gravità. Queste visioni del mondo influenzano profondamente il modo in cui gli individui interpretano le informazioni sul clima e prendono decisioni riguardo ai comportamenti eco-sostenibili.
I confronti sociali sono un altro fattore che può ostacolare l’adozione di comportamenti sostenibili. Le persone tendono a osservare e imitare le azioni degli altri, e se vedono che i loro pari non adottano comportamenti ecologici, potrebbero sentirsi meno motivati a farlo. Inoltre, possono giustificare le loro azioni non ecologiche basandosi su comportamenti precedenti o sulle azioni degli altri (Meijers, 2012).
Il divario tra preoccupazione ambientale e comportamento effettivo è frequentemente attribuito a una mancanza di conoscenza in relazione a pratiche sostenibili e a un desiderio di maggiori informazioni (Power et al., 2017). Anche se le persone sono preoccupate per l’ambiente, potrebbero non sapere quali azioni specifiche adottare per ridurre il loro impatto. Questo gap informativo può essere un ostacolo significativo all’adozione di comportamenti eco-sostenibili.
Inoltre, il comportamento pro-ambientale è spesso concettualizzato in termini sociali, con emozioni anticipate strettamente legate al comportamento dei pari (Power et al., 2017). Se le persone credono che il loro comportamento sarà approvato o disapprovato dai loro pari, saranno più inclini a conformarsi a queste aspettative sociali. Le emozioni anticipate, come il senso di colpa per non agire in modo ecologico o l’orgoglio per comportamenti sostenibili, possono influenzare significativamente le decisioni individuali.
Altre barriere includono pigrizia, sensazioni di impotenza e assenza di ricompense o punizioni per le azioni ambientali (Restya, 2022). La pigrizia può manifestarsi come una riluttanza a cambiare abitudini consolidate o a compiere lo sforzo aggiuntivo richiesto per adottare comportamenti sostenibili. Le sensazioni di impotenza, d’altra parte, possono derivare dalla percezione che le proprie azioni individuali abbiano un impatto trascurabile sul cambiamento climatico globale. Inoltre, l’assenza di incentivi tangibili, come ricompense per comportamenti sostenibili o sanzioni per quelli non sostenibili, può ridurre la motivazione a impegnarsi in azioni eco-friendly.
Per affrontare questi aspetti, è essenziale che gli psicologi collaborino con altri professionisti e con le istituzioni politiche a tutti i livelli per aiutare gli individui a superare queste barriere psicologiche e promuovere comportamenti sostenibili (Gifford, 2011). Questo può includere l’educazione e la sensibilizzazione sulle pratiche sostenibili, la promozione di norme sociali positive, la creazione di incentivi per comportamenti eco-sostenibili e la riduzione delle sensazioni di impotenza attraverso l’empowerment e il sostegno comunitario. Solo attraverso un approccio integrato e collaborativo sarà possibile superare le barriere psicologiche e facilitare l’adozione diffusa di comportamenti sostenibili.
Ecoansia
La ricerca attuale rivela una relazione complessa e sfaccettata tra ecoansia e negazione del cambiamento climatico. L’ecoansia, ossia l’ansia e la preoccupazione per gli effetti del cambiamento climatico sull’ambiente e sul futuro, può essere in parte contrastata attraverso la negazione del cambiamento climatico stesso. In altre parole, la negazione può fungere da meccanismo di difesa che riduce temporaneamente il livello di ecoansia, offrendo un sollievo psicologico, specialmente nei paesi che sono particolarmente vulnerabili agli impatti ambientali del cambiamento climatico, come dimostrato da Márton Hadarics (2020). Questa negazione può manifestarsi sotto forma di minimizzazione, scetticismo o rifiuto delle evidenze scientifiche riguardanti i cambiamenti climatici.
D’altra parte, l’ecoansia non sempre conduce a un senso di impotenza. In molti casi, essa può stimolare comportamenti proambientali. Quando l’ecoansia è combinata con schemi di attenzione stabili e consistenti verso le informazioni climatiche, può infatti incentivare azioni positive a favore dell’ambiente. Questo fenomeno è stato osservato da Heeren e Asmundson (2022), i quali hanno dimostrato che l’ecoansia, se gestita adeguatamente, può spingere le persone a prendere misure concrete per affrontare la crisi climatica.
Diversi fattori sono associati all’ecoansia, tra cui l’esposizione ai media, le conversazioni personali riguardanti il cambiamento climatico, la percezione dell’impatto personale di tali cambiamenti, l’età più giovane e il sesso. La ricerca di Kricorian e Turner (2022) ha evidenziato che questi elementi possono amplificare il sentimento di ansia ambientale. Le notizie e le discussioni sui cambiamenti climatici possono contribuire a una maggiore consapevolezza e preoccupazione, mentre l’età e il sesso possono influenzare il modo in cui l’ecoansia viene vissuta e gestita.
I bambini e i giovani sperimentano questo tipo di ansia, che può manifestarsi in disturbi mentali come depressione, ansia e emozioni estreme come tristezza e paura. Léger-Goodes e colleghi (2022) hanno documentato come l’ecoansia possa influenzare significativamente il benessere psicologico dei più giovani.
Per affrontare l’ecoansia, è importante adottare strategie di coping che variano da approcci maladattivi, come la negazione, a soluzioni adattive e costruttive, come la speranza e la resilienza. Le soluzioni efficaci possono includere il volontariato ambientale, che permette alle persone di contribuire attivamente a cause ecologiche, l’accesso a informazioni chiare e comprensibili sul cambiamento climatico, l’educazione al clima adeguata all’età, che può fornire strumenti per comprendere e gestire l’ecoansia in modo sano, e la promozione di un coping sano attraverso l’empowerment. Kricorian e Turner (2022) e Léger-Goodes et al. (2022) sottolineano l’importanza di queste misure per migliorare il benessere e la capacità di affrontare l’ecoansia in modo positivo e costruttivo.
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Bibliografia:
Stevenson, K. T., Lashley, M. A., Chitwood, M. C., Peterson, M. N., & Moorman, C. E. (2015). How emotion trumps logic in climate change risk perception: exploring the affective heuristic among wildlife science students. Human Dimensions of Wildlife, 20(6), 501-513.
Marx, S. M., & Weber, E. U. (2012). Decision making under climate uncertainty: The power of understanding judgment and decision processes. Climate change in the Great Lakes region: Navigating an Uncertain Future. East Lansing, MI: Michigan State University Press. Forthcoming, Columbia Business School Research Paper, (13-59).
Waldman, K. B., Todd, P. M., Omar, S., Blekking, J. P., Giroux, S. A., Attari, S. Z., … & Evans, T. P. (2020). Agricultural decision making and climate uncertainty in developing countries. Environmental Research Letters, 15(11), 113004.
Nicholls, N. (1999). Cognitive illusions, heuristics, and climate prediction. Bulletin of the American Meteorological Society, 80(7), 1385-1398.
Washington, H. (2013). Climate change denial: Heads in the sand. Routledge.
Dunlap, R. E., & McCright, A. M. (2010). Climate change denial: Sources, actors and strategies. In Routledge handbook of climate change and society (pp. 240-259). Routledge.
Cook, J. (2020). Deconstructing climate science denial. Research handbook on communicating climate change, 62-78.
Hadarics, M. (2021). The palliative function of climate change denial is stronger in more exposed countries. Ecopsychology, 13(1), 48-54.
Heeren, A., & Asmundson, G. J. (2023). Understanding climate anxiety: What decision-makers, health care providers, and the mental health community need to know to promote adaptative coping. Journal of Anxiety Disorders, 93, 102654.
Kricorian, K., & Turner, K. (2022). Climate change and eco-anxiety in the US: predictors, correlates, and potential solutions. MedRxiv, 2022-08.
Léger-Goodes, T., Malboeuf-Hurtubise, C., Mastine, T., Généreux, M., Paradis, P. O., & Camden, C. (2022). Eco-anxiety in children: A scoping review of the mental health impacts of the awareness of climate change. Frontiers in Psychology, 13, 872544.