14% dei decessi in UE causati da fattori ambientali: perché serve un approccio One Health

Mauro Toffetti
CEO & Co-Founder GreenTime
pubblicato il
20 Maggio 2025
pubblicato il 
20 Maggio 2025
One Health

Un ambiente sano è alla base della salute umana. L’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA) stima che circa il 13-14% di tutti i decessi nell’Unione Europea sia attribuibile a fattori ambientali, in particolare all’inquinamento. In altre parole, circa uno su otto decessi in Europa è legato a condizioni ambientali sfavorevoli – un dato allarmante che evidenzia il forte intreccio tra degrado ambientale e benessere delle persone. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la percentuale di mortalità attribuibile all’ambiente nella regione europea raggiunge quasi il 20% includendo anche i paesi extra-UE, a fronte di un valore globale stimato attorno al 24%. Questi numeri sottolineano come la tutela dell’ambiente non sia solo una questione ecologica, ma anche una priorità di sanità pubblica.

In questa relazione analizziamo il legame tra fattori ambientali e salute umana, con particolare attenzione all’Unione Europea, partendo dal dato EEA secondo cui il 14% dei decessi nell’UE è legato all’ambiente (soprattutto all’inquinamento). Verranno esaminati i principali fattori di rischio ambientale per la salute, il quadro normativo emergente – in primis la nuova legge UE sul ripristino della natura (entrata in vigore nel 2024) – e l’importanza di adottare un approccio One Health nella sua attuazione. L’approccio One Health (“Salute Unica”) integra salute umana, animale e ambientale, riconoscendo che queste dimensioni sono interconnesse. Si discuterà quindi di come la prospettiva One Health possa rafforzare le politiche di ripristino degli ecosistemi, bilanciando la sostenibilità ambientale con la tutela della salute pubblica. Infine, verranno presentati casi di studio ed esempi concreti di applicazione del modello One Health in Europa, a supporto dell’inclusione di tale approccio nelle strategie ambientali e sanitarie.

Fattori ambientali e impatto sulla salute in Europa

L’ambiente influisce profondamente sullo stato di salute delle popolazioni. L’EEA evidenzia che una quota significativa del carico di malattia in Europa è dovuta a esposizioni ambientali nocive di origine antropica. Inquinamento atmosferico, acustico e idrico, esposizione a sostanze chimiche tossiche, scarsa qualità dell’aria indoor, cattiva gestione dei rifiuti, contaminazione dei suoli, radiazioni naturali (come il radon) e cambiamenti climatici sono tra i principali fattori di rischio ambientale. Spesso tali fattori coesistono, sommando i loro effetti sull’uomo. Come afferma il Commissario europeo all’Ambiente, “esiste un chiaro legame tra lo stato dell’ambiente e la salute della nostra popolazione”: prendersi cura del pianeta significa proteggere la vita umana.

Inquinamento atmosferico. L’inquinamento dell’aria rappresenta il singolo rischio ambientale più grave per la salute in Europa. Le polveri sottili (PM₂․₅ in particolare) penetrano nei polmoni e nel sangue, contribuendo a malattie cardiovascolari, ictus, patologie respiratorie croniche e tumori polmonari. Nel 2012 si stimava che circa 400.000 decessi annui nell’UE fossero attribuibili all’esposizione cronica a polveri sottili. Grazie a politiche di aria pulita, questa cifra è in diminuzione ma rimane allarmante: nel 2022 il particolato fine ha causato circa 239.000 morti premature nell’UE. Ciò equivale a una sostanziale riduzione rispetto al 2005 (−45% dei decessi da PM₂․₅) ma è ancora lontano dall’obiettivo “inquinamento zero”. Oltre al particolato, altri inquinanti come il biossido di azoto (NO₂) e l’ozono troposferico contribuiscono a migliaia di morti premature ogni anno. L’OMS classifica l’inquinamento atmosferico tra i principali fattori di rischio per ictus, cancro ai polmoni e cardiopatie. Gli impatti non sono omogenei in tutto il continente: le aree urbane e industriali densamente popolate dell’Europa centrale/orientale tendono a registrare una mortalità più elevata legata all’inquinamento rispetto al nord e ovest Europa, dove la qualità dell’aria è mediamente migliore e l’accesso a infrastrutture sanitarie è maggiore. Ad esempio, l’Italia ha registrato migliaia di decessi attribuibili al particolato fine nelle grandi città della Pianura Padana, una delle aree più inquinate d’Europa, evidenziando disparità regionali rilevanti.

Inquinamento acustico. Anche l’esposizione cronica al rumore ambientale (ad es. traffico stradale, ferroviario, aeroportuale) incide negativamente sulla salute, aumentando il rischio di ipertensione, malattie cardiache, disturbi del sonno e stress. Nell’UE si stimano almeno 12.000 morti premature l’anno dovute all’inquinamento acustico, oltre a 48.000 nuovi casi annui di cardiopatia ischemica correlati al rumore cronico. L’EEA sottolinea che rumore e aria inquinata spesso colpiscono le medesime aree urbane, con effetti combinati sulla popolazione. Pertanto, le politiche di mitigazione (es. zone a traffico limitato, infrastrutture fonoassorbenti, pianificazione urbana attenta) producono benefici sanitari doppi: riducono sia l’inquinamento acustico che quello atmosferico, migliorando la qualità di vita dei residenti.

Qualità di acqua e suolo, ed esposizione chimica. L’accesso ad acqua potabile sicura e a un ambiente non contaminato è fondamentale per la salute. In Europa permangono criticità legate all’inquinamento delle falde e dei corpi idrici da nitrati (fertilizzanti agricoli), metalli pesanti e microplastiche, che possono provocare patologie a lungo termine (ad es. tumori, malattie neurologiche). L’esposizione a sostanze chimiche tossiche persistenti (come PCB, diossine, pesticidi organoclorurati) e interferenti endocrini attraverso cibo, acqua e suolo è stata associata a effetti sullo sviluppo, disfunzioni ormonali e altri problemi di salute. Anche se l’UE dispone di normative avanzate (REACH, direttive su acque potabili e balneabili, ecc.), permangono siti contaminati e disuguaglianze nell’esposizione: ad esempio, comunità più povere spesso risiedono in prossimità di aree industriali o discariche, subendo un onere maggiore di inquinanti ambientali. Ciò richiama l’attenzione sul tema della giustizia ambientale, affinché la transizione ecologica tuteli in primis i gruppi vulnerabili.

Cambiamenti climatici ed eventi estremi. Il riscaldamento globale contribuisce ad accentuare determinati rischi ambientali per la salute. Ondate di calore sempre più intense e frequenti causano direttamente un eccesso di mortalità, soprattutto tra anziani e soggetti fragili: nell’estate 2022 si sono registrati oltre 61.000 decessi in eccesso in Europa correlati alle ondate di calore estive. Anche altri eventi estremi in aumento – alluvioni, incendi, siccità – comportano vittime, traumi e malattie (si pensi alle alluvioni in Germania e Belgio del 2021 con oltre 200 morti). Le alterazioni climatiche favoriscono inoltre la diffusione di malattie infettive sensibili al clima: ad esempio, il riscaldamento sta ampliando l’areale di zanzare vettori di virus come West Nile, dengue e chikungunya in Europa meridionale. Allo stesso modo, stagioni più miti facilitano la proliferazione di zecche portatrici di encefalite virale e malattia di Lyme nelle regioni temperate. Il cambiamento climatico agisce quindi come “moltiplicatore di minacce” sanitarie, aggravando problemi ambientali preesistenti e mettendo sotto stress i sistemi sanitari.

In sintesi, ambiente e salute in Europa sono strettamente collegati. Malgrado i progressi degli ultimi decenni (aria più pulita rispetto al passato, migliori infrastrutture idriche, regolamenti più severi sulle sostanze pericolose), l’onere sanitario dovuto a rischi ambientali resta consistente. L’EEA osserva che oltre 10% di tutti i decessi prematuri nei Paesi UE è tuttora attribuibile all’inquinamento ambientale. Si tratta di un peso prevenibile con politiche adeguate: aria più respirabile, città verdi e silenziose, acqua pulita, sostanze chimiche sicure e azioni incisive contro il cambiamento climatico possono salvare vite e migliorare la qualità della vita. Da qui l’importanza di integrare obiettivi di salute nelle strategie ambientali e viceversa, all’insegna di un approccio olistico come One Health.

La nuova legge UE sul ripristino della natura

Per fronteggiare la crisi ecologica in corso – declino della biodiversità, degrado degli ecosistemi, cambiamento climatico – l’Unione Europea ha adottato una normativa storica: la Nature Restoration Law (Regolamento UE sul ripristino della natura). Approvata a giugno 2024 dopo un intenso iter legislativo e in vigore da agosto 2024, questa legge rappresenta il primo quadro giuridico globale a livello continentale dedicato alla restaurazione degli ecosistemi degradati. Si tratta di una pietra miliare del Green Deal europeo e della Strategia dell’UE sulla biodiversità al 2030.

La legge sul ripristino della natura fissa obiettivi vincolanti per gli Stati membri al fine di recuperare habitat e specie in declino. In particolare, impone di attuare misure di ripristino su almeno il 20% delle superfici terrestri e marine dell’UE entro il 2030, per poi estendere interventi a tutti gli ecosistemi che necessitano di restauro entro il 2050. Questi target ambiziosi comprendono: rinaturalizzazione di fiumi (almeno 25.000 km di corsi d’acqua da riportare a uno stato libero da dighe entro il 2030), ripristino di zone umide e torbiere (anche come riserve di carbonio), riforestazione e incremento della copertura arborea urbana, recupero di praterie e habitat agricoli seminaturali, tutela degli impollinatori e rinverdimento delle città. La normativa richiede inoltre il miglioramento dello stato di conservazione di habitat e specie protetti dalle direttive UE (Habitat e Uccelli) e il potenziamento delle reti ecologiche come Natura 2000.

Ogni Stato membro dovrà elaborare entro due anni un Piano nazionale di ripristino con l’elenco degli interventi, le tempistiche (traguardi per 2030, 2040, 2050), il finanziamento previsto e gli indicatori di progresso. I piani dovranno essere sviluppati in modo partecipativo, coinvolgendo comunità locali, portatori di interesse e cittadini, e saranno valutati dalla Commissione Europea ed eventualmente migliorati. L’EEA monitorerà i progressi con relazioni tecniche periodiche. Importante sottolineare che la legge non adotta un approccio “taglia unica”: gli obiettivi sono comuni, ma le misure specifiche saranno adattate ai contesti nazionali e locali, riconoscendo la diversità ecologica e socioeconomica del continente.

Perché questa legge è rilevante per la salute umana? Un ambiente naturale sano fornisce servizi ecosistemici essenziali al benessere umano: aria e acqua pulite, cibo, regolazione climatica, controllo delle malattie, benefici ricreativi e psicologici. Il Regolamento sul ripristino della natura include esplicitamente, tra i suoi obiettivi di fondo, la tutela della salute umana (richiamando l’Art.191 del Trattato sul Funzionamento dell’UE). Diversi articoli della legge hanno implicazioni dirette per la salute pubblica. Ad esempio: il ripristino degli ecosistemi di acqua dolce (art.4) migliorerà la qualità dell’acqua potabile e ridurrà i rischi di contaminazione; la maggiore biodiversità in ambienti terrestri, costieri e marini (artt.4-5) rafforzerà la resilienza contro eventi estremi come inondazioni e siccità, proteggendo comunità locali; il recupero di ecosistemi agricoli e marini (artt.5, 9) contribuirà alla sicurezza alimentare e alla disponibilità di cibo nutriente, con potenziali benefici anche per la salute mentale delle comunità rurali e costiere legate a tali attività. Ancora, l’aumento del verde urbano e della copertura arborea nelle città (art.6) migliorerà la qualità dell’aria, mitigherà le isole di calore urbane e ridurrà lo stress termico, con effetti positivi su malattie cardiovascolari, respiratorie e sul benessere psicologico dei cittadini. Il ripristino di popolazioni di insetti impollinatori (art.8) è cruciale per garantire la produzione di alimenti nutrienti (frutta, verdura) e quindi diete sane. La biodiversità nelle foreste (art.10) favorisce la regolazione del microclima e la depurazione dell’aria, oltre a offrire spazi per attività ricreative nella natura benefiche per la salute fisica e mentale.

Numerosi studi confermano i benefici sanitari degli ecosistemi in buona salute. Ad esempio, l’accesso a spazi verdi e blu (parchi, boschi, fiumi, coste) è associato a minori livelli di stress, migliore salute mentale e persino a terapie innovative come l’ecoterapia per supportare pazienti con depressione o ansia. Incrementare le aree verdi urbane può ridurre l’esposizione al rumore e migliorare la qualità dell’aria locale, oltre ad abbassare le temperature tramite ombreggiamento ed evapotraspirazione, mitigando gli effetti delle ondate di calore. In ambito rurale, il ripristino della natura e pratiche come l’agroecologia (agricoltura ecologicamente sostenibile) possono tradursi in cibo più sano, terreni più fertili e comunità agricole più resilienti alle siccità, con ricadute positive sulla nutrizione e sulla salute dei lavoratori agricoli. Un ambiente restaurato e ricco di biodiversità funge anche da “tampone” contro la diffusione di patogeni: ecosistemi equilibrati possono limitare la proliferazione di organismi portatori di malattie (ad es. zanzare, roditori) attraverso meccanismi di controllo biologico e “dilution effect” (diluizione di patogeni grazie alla presenza di molte specie ospiti, per cui diminuisce la probabilità di trasmissione all’uomo).

Alla luce della pandemia di COVID-19, la legge UE sul ripristino della natura assume anche un significato di prevenzione sanitaria. La distruzione di habitat, il commercio di fauna selvatica e l’alterazione degli equilibri ecologici sono fattori riconosciuti nella comparsa di malattie infettive emergenti (zoonosi). Ripristinare ecosistemi e ridurre il contatto non sostenibile tra uomo, bestiame e fauna selvatica può contribuire a prevenire future pandemie. Un’analisi di esperti evidenzia che il Nature Restoration Law avrà un ruolo importante nel costruire resilienza contro future malattie infettive e pandemie, implementando l’approccio One Health nell’UE attraverso il collegamento tra salute degli ecosistemi, degli animali e dell’uomo. In breve, la legge non solo ambisce a “curare” la natura, ma di riflesso mira a proteggere la salute e il benessere delle persone, riconoscendo l’interdipendenza tra un ambiente sano e una società sana.

L’approccio One Health: unire salute umana, animale e ambientale

Di fronte a queste sfide complesse, è emerso come imprescindibile un approccio integrato alla salute. One Health (letteralmente “Una Sola Salute”) è un paradigma promosso da OMS, FAO, OIE e altri organismi internazionali, che riconosce l’interconnessione profonda tra la salute umana, la salute degli animali (domestici e selvatici) e la salute degli ecosistemi. In Europa, l’EEA e le altre agenzie UE sottolineano che molte delle minacce contemporanee alla salute e al benessere – dal cambiamento climatico alla resistenza antimicrobica – derivano da modelli non sostenibili di produzione e consumo, e possono essere affrontate solo tramite collaborazione multisettoriale e transdisciplinare. Nessun settore da solo (né la sanità pubblica, né l’agricoltura, né l’ambiente) può risolvere problemi come le zoonosi emergenti o l’inquinamento diffuso; serve un approccio sistemico che coinvolga medici, veterinari, ecologi, climatologi, urbanisti, economisti e comunità locali.

One Health non si limita alle zoonosi (malattie trasmesse da animali all’uomo), dove il concetto è nato, ma abbraccia qualsiasi questione in cui la salute dell’uomo è legata agli ecosistemi. Esempi di queste interconnessioni abbondano:

  • Inquinamento ambientale e salute umana: Come visto, oltre il 10% delle morti premature in Europa è legato all’esposizione a inquinanti ambientali. Sostanze tossiche emesse nell’aria, nel suolo e nelle acque spesso entrano nella catena alimentare, accumulandosi in piante e animali che consumiamo. Un approccio One Health spinge a considerare l’intero ciclo di vita di questi contaminanti: proteggere gli ecosistemi dall’inquinamento significa anche ridurre l’esposizione umana attraverso alimentazione e ambiente. Ad esempio, la riduzione dell’uso di pesticidi chimici in agricoltura tutela la biodiversità (insetti utili, impollinatori, uccelli) e contemporaneamente diminuisce i residui tossici negli alimenti e nelle acque potabili, con benefici per la salute di agricoltori e consumatori. Analogamente, le politiche “zero inquinamento” dell’UE mirano a un ambiente più pulito entro il 2050, consapevoli che ciò comporterà meno malattie e decessi.
  • Cambiamenti climatici e malattie: I rischi sanitari legati al clima (stress da caldo, alluvioni, incendi, diffusione di patogeni tropicali) mostrano come la crisi climatica sia anche crisi sanitaria. One Health incoraggia soluzioni con co-benefici: ad esempio, la tutela delle foreste e delle aree umide non solo assorbe CO₂ mitigando il riscaldamento globale, ma riduce il rischio di disastri (frane, alluvioni) e salvaguarda habitat che tengono sotto controllo vettori di malattie. Un caso concreto è la protezione delle zone umide costiere e delle barriere coralline (fuori dal contesto UE) che attenuano l’impatto delle tempeste tropicali sulle comunità umane. In Europa, la rinaturazione dei fiumi e il ripristino delle pianure alluvionali (previsti dalla legge sul ripristino) aiuteranno a contenere le piene improvvise, proteggendo sia gli ecosistemi acquatici che gli insediamenti umani, e prevenendo incidenti e malattie post-alluvione.
  • Zoonosi e biodiversità: La maggior parte delle malattie infettive emergenti ha origine animale (HIV, influenza aviaria, SARS, COVID-19, Ebola ecc.) e il rischio di spillover aumenta con la distruzione degli habitat e l’intensificarsi dei contatti tra fauna selvatica, bestiame e uomo. Il rapido declino della biodiversità globale e i cambiamenti nell’uso del suolo creano infatti opportunità per i patogeni di saltare di specie. One Health promuove la sorveglianza integrata e la prevenzione alla fonte: monitorare la presenza di virus e batteri pericolosi nelle popolazioni animali e negli ambienti, controllare le malattie negli animali (ad es. attraverso vaccinazioni veterinarie) per prevenire infezioni umane, e conservare ecosistemi funzionali come “barriera sanitaria”. In Europa, grazie a un approccio coordinato, è stato possibile tenere sotto controllo focolai zoonotici: ad esempio, la sorveglianza One Health del virus West Nile unisce dati veterinari (casi in cavalli, uccelli, zanzare) e sanitari (casi umani) per prevedere e contenere le epidemie stagionali di questa malattia trasmessa da zanzare. Allo stesso modo, programmi europei di vaccinazione orale delle volpi hanno praticamente eliminato la rabbia silvestre in molti paesi UE – un successo One Health che protegge sia la fauna che le persone.
  • Resistenza antimicrobica (AMR): L’uso eccessivo di antibiotici in medicina e zootecnia ha portato all’evoluzione di batteri resistenti, causando infezioni sempre più difficili da trattare. Nell’UE/EEA si stimano circa 35.000 morti all’anno per infezioni da batteri resistenti agli antibiotici. L’approccio One Health è fondamentale per combattere l’AMR: bisogna agire contemporaneamente sulle prescrizioni mediche (uso appropriato negli ospedali), sulle pratiche veterinarie e di allevamento (ridurre antibiotici negli animali, migliorare igiene e vaccinazioni negli allevamenti) e sull’ambiente (evitare che gli antibiotici contaminino suoli e acque, ad esempio tramite adeguati trattamenti dei reflui zootecnici e ospedalieri). L’UE ha adottato un Piano d’Azione One Health contro la resistenza antimicrobica, riconoscendo che salute umana, animale e ambientale sono un fronte unico contro questo rischio crescente.

In sintesi, One Health rappresenta un cambio di paradigma: dalla visione settoriale a un’ottica di “salute circolare” in cui la salute dell’ecosistema sostiene quella umana e viceversa. L’Unione Europea sta abbracciando sempre più questo approccio. Dal 2023 le agenzie europee preposte a sanità, ambiente, sicurezza alimentare e farmaci (ECDC, EEA, EFSA, EMA, ECHA) hanno costituito un One Health Joint Task Force per rafforzare il coordinamento scientifico e politico su cinque aree strategiche: coordinamento strategico, ricerca integrata, capacity building, comunicazione e partnership One Health. Questa task force inter-agenziale riflette l’impegno condiviso ad affrontare questioni come l’AMR, le zoonosi e l’inquinamento in modo unificato, scambiando dati ed esperienze. Nel novembre 2023 le agenzie UE hanno pubblicato una dichiarazione congiunta “Conoscenza inter-agenziale per l’azione One Health”, delineando priorità comuni, seguita da un quadro d’azione 2024-2026 per tradurre il concetto One Health in interventi concreti. Tutto ciò indica che anche a livello istituzionale europeo si riconosce la necessità di integrare le politiche ambientali e sanitarie.

Casi di studio: esempi applicativi di One Health in Europa

Un approccio One Health efficace si traduce in programmi e interventi tangibili sul campo. Di seguito sono illustrati alcuni esempi concreti in ambito europeo che mostrano i benefici della strategia “salute unica” nell’affrontare problemi complessi di salute pubblica e ambientale:

  • Green City e benessere urbano (GreenInCities, Milano): Il progetto europeo GreenInCities (nell’ambito delle missioni UE su Clima e Città) applica One Health nella pianificazione urbana sostenibile. A Milano, una delle città pilota, il progetto integra soluzioni basate sulla natura (Nature-Based Solutions) per adattamento climatico con interventi a favore della salute umana e animale. Ad esempio, la creazione di corridoi verdi urbani e parchi “inclusivi” serve a ridurre l’isola di calore cittadina (prevenendo decessi legati a ondate di caldo) e allo stesso tempo a offrire habitat per la fauna urbana (uccelli, insetti impollinatori), migliorando la biodiversità locale. L’approccio One Health in città riconosce che il benessere umano è legato alla presenza di natura: spazi verdi accessibili favoriscono l’attività fisica, riducono lo stress e l’incidenza di malattie croniche, mentre ecosistemi urbani sani (ad es. zone umide artificiali, tetti verdi) contribuiscono alla depurazione dell’aria e dell’acqua. GreenInCities ha coinvolto architetti, veterinari e ambientalisti per progettare quartieri “a misura di tutti”, includendo anche la prospettiva della salute animale (aree per gli animali d’affezione, convivenza con la fauna selvatica urbana). Questo caso evidenzia come la rigenerazione ecologica urbana possa migliorare in parallelo gli indicatori ambientali (qualità dell’aria, temperatura, biodiversità) e quelli sanitari (riduzione di malattie da caldo, miglior salute mentale dei cittadini).
  • Riduzione delle malattie alimentari (One Health e sicurezza alimentare): In Europa, l’approccio integrato One Health è stato determinante nel controllare alcune zoonosi di origine alimentare. Un esempio è la riduzione drastica della salmonellosi umana ottenuta attraverso interventi coordinati negli allevamenti avicoli. A partire dai primi anni 2000, l’UE ha imposto programmi obbligatori di controllo di Salmonella nei polli e nelle uova, con vaccinazioni e misure igieniche negli allevamenti, monitoraggio veterinario e limiti sulla vendita di prodotti contaminati. Grazie a ciò, i casi umani di infezione da Salmonella sono calati di oltre la metà in molti paesi UE negli ultimi 15 anni. Questa esperienza di successo – spesso citata come modello One Health – mostra che proteggere la salute animale (allevamenti avicoli indenni da Salmonella) protegge anche i consumatori finali, riducendo il carico su sistemi sanitari. EFSA ed ECDC pubblicano ogni anno un rapporto One Health sulle zoonosi nell’UE, evidenziando i trend e le azioni congiunte necessarie. Oltre a Salmonella, simili approcci integrati stanno affrontando Campylobacter, E. coli e altre infezioni trasmesse da alimenti, con la collaborazione di produttori alimentari, veterinari ufficiali e autorità sanitarie.
  • Eliminazione della rabbia in Europa occidentale: La rabbia è una malattia mortale che si trasmette dall’animale all’uomo (tramite morsicature, es. da cani o volpi infette). In gran parte dell’Europa occidentale la rabbia è stata eradicata negli ultimi decenni grazie a un approccio One Health concertato: vaccinazione sistematica dei cani domestici (proteggendo la salute umana direttamente, dato che il cane è il principale vettore per l’uomo) e campagne innovative di vaccinazione orale della fauna selvatica, in particolare delle volpi, mediante esche vaccinali distribuite sul territorio. Questo ha spezzato il ciclo di trasmissione del virus tra fauna e persone. Paesi come Italia, Germania, Francia hanno ottenuto lo status di “rabies-free” e i casi di rabbia umana autoctona sono oggi azzerati nell’Europa UE. L’OMS riconosce la regione Europa come esempio di successo, frutto di collaborazione tra servizi veterinari, enti parco, servizi sanitari e comunità locali. Resta cruciale mantenere la sorveglianza veterinaria ai confini (ad es. monitorare l’importazione illegale di cani dai paesi dove la rabbia è ancora endemica) – un’attività One Health preventiva per evitare la reintroduzione della malattia.
  • Resistenza antimicrobica nei fiumi (progetto One Health in UK): In Inghilterra, il progetto di ricerca “One Health Water” ha studiato la presenza di batteri antibiotico-resistenti nei corsi d’acqua e l’interconnessione con l’uso di antibiotici in ospedali, aziende agricole e comunità. Campionando acque reflue e sedimenti fluviali, i ricercatori hanno trovato tracce di geni di resistenza collegati all’uso di farmaci sia umani che veterinari. Coinvolgendo microbiologi, veterinari e gestori idrici, il progetto ha sviluppato raccomandazioni per migliorare il trattamento delle acque reflue e ridurre lo spargimento ambientale di antibiotici. Questo caso, sebbene fuori dall’UE, è emblematico: affrontare l’AMR richiede interventi che toccano i settori idrici, agricoli e sanitari contemporaneamente. Sulla scia di tali evidenze, anche in Europa continentale stanno nascendo iniziative per monitorare i fiumi (es. il Danubio, il Po) alla ricerca di superbatteri, integrando i dati nei piani d’azione nazionali contro l’AMR.

Gli esempi sopra illustrano come l’approccio One Health si traduce in azioni efficaci che tutelano sia l’ambiente che la salute pubblica. Che si tratti di progettare città più verdi, rendere più sicura la filiera alimentare o eradicare una zoonosi, il denominatore comune è la cooperazione multidisciplinare e la visione olistica. Investire in One Health significa prevenire crisi sanitarie future, risparmiare costi (ogni euro speso in prevenzione integrata può evitarne molti di spesa sanitaria) e creare società più resilienti.

Conclusioni

La stretta relazione tra fattori ambientali e salute umana impone un ripensamento delle politiche sia ambientali che sanitarie in chiave integrata. In Europa, il fatto che circa un settimo dei decessi sia dovuto a cause ambientali evitabili – principalmente inquinamento atmosferico e altre forme di degrado – rappresenta al contempo un monito e un’opportunità. Monito, perché indica quanto abbiamo messo a rischio il nostro benessere alterando gli ecosistemi; opportunità, perché riducendo l’inquinamento e ripristinando la natura possiamo ottenere enormi miglioramenti in salute pubblica. I benefici di un ambiente sano si ripercuotono sul sistema sanitario (meno malati cronici, minori costi sanitari), sull’economia (lavoratori più sani e produttivi, minor spesa per danni climatici) e sulla qualità di vita generale.

La nuova legge UE sul ripristino della natura, in vigore dal 2024, è un tassello fondamentale di questa strategia di prevenzione e promozione della salute attraverso la sostenibilità. Essa sancisce legalmente che proteggere e restaurare gli ecosistemi non è separabile dal proteggere la popolazione europea, ponendo obiettivi ambiziosi che richiederanno volontà politica, investimenti e coinvolgimento sociale. La sua efficacia dipenderà anche dalla capacità di implementarla secondo i principi One Health: ciò significa valutare gli impatti sanitari positivi delle misure di ripristino (ad esempio quanti casi di asma o di colpo di calore si eviteranno aumentando il verde urbano), coinvolgere esperti di salute pubblica nella definizione dei piani di ripristino nazionali, e assicurare sinergie con le politiche sanitarie (es. piani di adattamento ai cambiamenti climatici, strategie vaccinali veterinarie, monitoraggio di malattie). Integrare One Health nell’attuazione della legge consentirà di massimizzarne i co-benefici: ecosistemi più resilienti, popolazioni più sane, maggiore preparazione a rischi emergenti come pandemie e resistenze batteriche.

In conclusione, la sfida di garantire un futuro sostenibile e in salute per l’Europa richiede di abbattere i tradizionali silos tra ambiente e sanità. Come affermato dall’EEA, “prendendoci cura del nostro pianeta non stiamo solo salvando gli ecosistemi, ma anche delle vite umane”. L’approccio One Health offre la cornice concettuale e operativa per tradurre questa visione in realtà: riconoscere che la salute unica di persone, animali e ambiente è un patrimonio comune da preservare. Adottando questo approccio nella legislazione e nelle pratiche – dal livello europeo fino alle comunità locali – potremo ridurre il peso delle malattie legate all’ambiente, potenziare la resilienza di fronte alle sfide globali e lasciare alle prossime generazioni un mondo più sano, equo e vivibile.

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Bibliografia

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